“Noi non siamo migliori della gente del mondo per il fatto che siamo venuti qui e ci siamo chiusi fra queste mura; anzi, chiunque è venuto qui, proprio per il fatto di esserci venuto, ha riconosciuto di fronte a se stesso, di essere peggiore della gente del mondo… E quanto più un monaco vivrà fra le sue quattro mura, tanto più profondamente dovrà rendersene conto. Perché, in caso contrario, non valeva nemmeno la pena che ci venisse. Questa consapevolezza è il coronamento della nostra vita di monaci, e anche della vita di ogni uomo. Giacché i monaci non sono esseri diversi dagli altri; essi sono soltanto come dovrebbero essere tutti gli uomini sulla terra” (Fëdor Dostoevskij, I Fratelli Karamazov).
Spesso alla domanda “chi è il monaco?” siamo portati a rispondere facendo riferimento a immagini un po’ idealizzate, che fanno pensare alla vita monastica come a qualcosa di lontano dalla esistenza degli uomini e delle donne di oggi. Se è vero che la vita monastica per sua natura ha bisogno di una certa marginalità rispetto alla vita comune, tuttavia essa non è altro che il cammino semplice e concreto di uomini e di donne che cercano di vivere “sotto la guida del Vangelo” (Regola di San Bendetto), mettendo al centro della loro vita la ricerca di Dio e quelle realtà che costituiscono gli elementi fondamentali dell’esistenza di ogni battezzato (preghiera, vita fraterna, lavoro, ascolto della Parola…). In questo i monaci non hanno, nè pretendono di avere nessuna esclusiva, ma semplicemente di essere un segno, una presenza, che ricordi a tutti la sequela del Vangelo e le sue esigenze. Attraverso le parole dell’Abate emerito di Chevetogne Michel Van Paris possiamo elencare gli elementi fondamentali che costituiscono la vita del monaco:
La ricerca di Dio
«Il Prologo della Regola di Benedetto pone una domanda tratta dal salterio: “Chi è l’uomo che vuole la vita e che desidera vedere giorni felici (Sal 33,13)?” (RB, Prol. 15). In realtà, per Benedetto, è il Cristo in persona che pone tale domanda per bocca del salmista. È come dire: chi vuole vivere una vita piena e autentica? Il tempo della vita umana viene qui considerato nella sua globalità. Il Signore pone la domanda, ma non tutti lo ascoltano. Egli, come la Sapienza, è alla ricerca di un lavoratore, di uno che desideri una vita felice nell’oggi e poi la vita eterna. Per ricevere da Dio questa vita bisogna agire: essere veri nelle proprie parole, allontanarsi dal male, fare il bene, cercare e perseguire la pace; tutte parole del salmo, che contengono un dinamico programma di vita».
La liturgia
La liturgia stabilisce un rapporto particolarissimo con il tempo: essa “si ricorda” del passato e del futuro. La memoria del futuro apre alla speranza, malgrado gli scacchi del passato, perché si fonda sulla fedeltà di Dio al suo disegno di salvezza. Gli orizzonti del tempo si allargano e assumono una connotazione di fiducia. Ma tutto questo viene vissuto nel presente.
Lectio divina
Benedetto stabilisce che il monaco dedichi quotidianamente diverse ore alla lettura pregata delle sante Scritture. Non è forse un discepolo seduto ai piedi del Maestro e che obbedisce con le proprie azioni ai suoi precetti?
Lavoro
Il lavoro per Benedetto aveva anche una funzione terapeutica: evitare la pigrizia e la divagazione della mente. Gestire male il tempo libero e vivere in modo disordinato gli spazi di tempo dei quali si dispone per sé, tutto questo mette in pericolo l’equilibrio dell’anima umana.
L’oggi di Dio
Il tempo monastico si rivela complesso… Ma questi diversi ritmi convergono (cf. 1Cor 7,29: “Il tempo ormai si è fatto breve”) nell’oggi della chiamata del Signore e di una risposta immediata da dare. È nell'”oggi” che la salvezza viene offerta al cristiano: “Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori” (Sal 95,7-8; cf. Eb 3,7-4,11).
[da Michel Van Parys, Uno con tutti. Essere monaci oggi, (= Sequela oggi), Qiqajon, Magnano (BI), 2008, p. 40-46]